TESTIMONIANZE
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ANNA TENORE
Un gesto che resta: la storia di Anna Tenore e il ricordo di Oriana
Mi chiamo Anna Tenore e da qualche tempo ho scelto di trasformare il mio dolore in qualcosa che possa restare. Non ho più mia figlia, Oriana, e non ho più mio marito. Ma quello che ho deciso di fare non nasce solo dalla mancanza. Nasce dal desiderio profondo di lasciare un segno, di continuare a far vivere il nome di Oriana attraverso gesti concreti, utili, pieni di senso.
Quando una persona che conosco mi ha mandato la foto di un’ambulanza che avevo donato alla Croce Rossa – con scritto sulla fiancata “In ricordo di Oriana Daniello” – mi sono emozionata. L’ho immaginata attraversare Roma, passare davanti al Colosseo, al Lungotevere, a San Pietro. Quel nome, in movimento, tra la gente, vivo nella città. È una piccola cosa, forse. Ma mi ha riempito di orgoglio.
Oriana era una ragazza forte, gentile, determinata a vivere bene anche nella malattia. Aveva 14 anni quando ci hanno detto che aveva un tumore al cervello. Non si è mai lamentata: né dopo l’intervento, né durante la chemioterapia, né nei mesi infiniti di controlli. E soprattutto non voleva essere compatita. Non raccontava a nessuno quello che aveva passato. Mi diceva: “Mamma, so cosa significa soffrire. Non voglio che nessuno intorno a me si senta solo o triste.”
Amava la scuola, la musica, le lingue. Studiava al liceo classico e si era diplomata in pianoforte. Dopo un breve viaggio a Londra, aveva deciso che avrebbe imparato bene l’inglese, perché in ogni cosa che faceva voleva dare tutta sé stessa. E aveva un talento raro: riusciva ad accogliere chiunque si sentisse escluso. Se c’era una compagna in difficoltà, era la prima ad avvicinarsi.
Anche la fede era una parte importante della sua vita. Ricordo una volta, in ospedale, durante un ricovero. Un prete era passato per dare la comunione, ma lei stava dormendo. Lui l’ha lasciata riposare. La volta dopo lei lo ha aspettato e gli ha detto: “La prossima volta mi deve svegliare. Per me la comunione è una forza che non immagina.”
Da allora, molto è cambiato. Ho perso anche mio marito. E sì, la mia fede è vacillata. Ma qualcosa dentro di me ha continuato a spingermi a fare, costruire, donare, perché nulla di quello che era Oriana andasse perduto.
Così ho deciso di donare una casa. Casa Oriana Daniello, oggi parte dei progetti di accoglienza di AIL Roma, è nata per ospitare i pazienti ematologici e le loro famiglie che arrivano a Roma da altre città per curarsi al Policlinico Tor Vergata. So cosa significa affrontare una malattia lontani da casa. So quanto conta avere un posto dignitoso, accogliente, sicuro. Questa casa sarà un conforto per tante persone. E per me sarà un modo per sapere che Oriana c’è ancora, in ogni accoglienza, in ogni notte passata lì da chi ha bisogno.
Oltre a Casa Oriana, ho donato anche un’ambulanza, un’auto per il trasporto di organi da trapianto, un furgone per disabili. Tutti alla Croce Rossa. E continuerò a donare, finché potrò. Tutto, sempre, in nome di Oriana.
Perché finché c’è chi ricorda, nessuno è davvero perduto.
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