TESTIMONIANZE
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LA STORIA DI ROSSELLA

Sono Rossella, violoncellista di musica classica e pop. Ho un quartetto che amo moltissimo, il mio quartetto d’archi: “Le romanza”.

Sono di origine veneziana, sono nata, cresciuta e ho studiato a Venezia, al Conservatorio Benedetto Marcello. La mia vita è però sempre stata caratterizzata da spostamenti e viaggi: ho sempre girato molto facendo audizioni, corsi, concorsi, insomma ho lavorato molto in giro. Sono poi approdata a Roma nel 2000.

Era luglio 2021 quando ho iniziato a stare male: avevo dei fortissimi mal di testa e giramenti di testa, non riuscivo a stare in piedi e ho iniziato a perdere l’udito dall’orecchio destro. Del sintomo dell’udito me ne sono accorta presto, sono una violoncellista e questo senso per me è vitale.
Inizialmente, la diagnosi fu “stress” dovuto al periodo di isolamento durante il Covid, che non avevo neanche mai contratto.  Ma io sentivo che il mio male era altro: c’era qualcosa, che non era psicosomatico. Poi, dopo aver incontrato diversi specialisti, ho conosciuto un otorino, molto bravo, che mi disse di andare al centro biologico di Piacenza per iniziare un percorso di riabilitazione vestibolare. Ma lui capiva, insieme ad altri medici, che c’era qualcosa di più.

A ottobre-novembre 2021 sono stata ricoverata al centro di neurologia a Varese e sottoposta a diversi esami come risonanze magnetiche e TAC, ma non mi hanno mai fatto la PET. C’erano delle masse nella testa – precisamente nel ganglio genicolato – qualcosa non andava, ma nulla. Solo per avere il disco con il referto, che avevo richiesto con urgenza, ho dovuto aspettare un mese e mezzo, fino a dicembre, a Natale, periodo in cui è difficile avere medici a disposizione.

E da qui a poco è iniziato un peggioramento radicale: “paralisi”, mi dissero, non muovevo più la bocca, e “sordità completa dall’orecchio destro”. Erano i primi di gennaio e il neurologo a cui mi rivolsi, finalmente, decise di farmi fare una PET e una risonanza con mezzo di contrasto: è stato chiaro che avevo un tumore.

Sono tornata a Piacenza, accompagnata da mia sorella, per essere operata: non potevo più fare niente, mi si stava chiudendo anche la gola. Sembrava troppo tardi, i medici dissero a mio marito e a mia sorella che non c’era più nulla da fare, lo stadio era avanzatissimo. Mi operarono, per capire la natura di questo tumore. Fu un’operazione molto complicata e delicata, perché interveniva alla base cranica, dietro l’orecchio destro. Avemmo la diagnosi: linfoma B grandi cellule ultimo stadio, aggressivo.

Da questo momento è iniziato il mio rapporto con l’Ematologia del Policlinico Umberto I e con AIL Roma. Ricevuta la diagnosi, la prima cosa che mi dissero fu “corri subito giù dal professor Martelli”, che non conoscevo. Appena mi vide, il professore chiese a mio marito e a mia sorella come avessero fatto a tenermi in vita: non bevevo, non mangiavo. Nel giro di pochi minuti, al Pronto Soccorso, sono stata attaccata alle flebo sia di idratazione che di nutrizione. Poi è iniziato il percorso in isolamento con i cicli di chemio. Il mio era un caso antologicamente ancora non studiato, a causa della localizzazione del tumore, era rarissima: hanno quindi iniziato a fare dei protocolli incrociati per tentare di salvarmi.

L’isolamento è durato sette-otto mesi, con dei brevi intervalli. In questo periodo i medici e gli infermieri sono diventati la mia famiglia. Non sai, in realtà, come sia la loro faccia, vedi solo gli occhi, tutto il resto è coperto da indumenti e mascherine, ma li conosci, li senti: diventano il tuo mondo.
Il dottor Martelli è stato fantastico, oltre alla cura, alla professionalità e alla premura mi ha concesso una cosa per me preziosissima: portare in stanza con me il mio violoncello. E così, in isolamento, con dei dolori lancinanti, la musica mi salvava: suonavo e, spesso, gli infermieri aprivano le porte delle stanze vicino a me per far arrivare le mie note ad altri pazienti: io sentivo l’applauso degli altri che, come me, stavano combattendo la loro battaglia ed era bellissimo poter fare qualcosa, nel mio piccolo, anche per loro: eravamo tutti collegati dalla musica, nonostante la divisione fisica. La musica è stata la mia ancora, ti porta con la testa da un’altra parte e ti aiuta a superare quello che materialmente fai fatica a superare.

Dopo questo lungo e faticoso periodo, oggi sembra andare tutto meglio: nell’agosto del 2022 ho fatto l’autotrapianto di staminali e ora il linfoma, anche se non completamente sparito, sembra essere inerte. Gli effetti collaterali sono però ancora tanti: mi sono fratturata una vertebra a causa dell’osteoporosi data dalla chemioterapia, ma vado avanti, cerco sempre di trovare degli espedienti per superare tutto. All’Open Day di AIL Roma mi sono messa il busto e ho suonato. Io non mollo.

AIL Roma, l’Ematologia e tutti i medici e gli infermieri mi hanno salvato la vita. Quando posso, nel mio piccolo, cerco di fare io qualcosa per loro. Ci sono altri due violoncellisti, uno con linfoma e uno con la leucemia che stanno guarendo e che sono legati a me. Speriamo di riuscire a fare qualcosa di più grande per AIL Roma, appena torneremo pienamente in forze.

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